Storia della carità e dell’assistenza
L’8 marzo 1629 i poveri, provenienti dai borghi della città e dai paesi vicini, premono alle porte della sede della MIA in Città Alta per la periodica distribuzione di pane e vino. C’è una crisi nella produzione e nell’approvvigionamento di cereali che, nonostante gli sforzi, il Comune non riesce ad affrontare. Tutte le istituzioni caritatevoli della città vengono allertate, prima tra tutte la MIA che nel Seicento è l’ente più facoltoso della città. Nonostante gli sforzi, la carestia procede inarrestabile e ai morti d’inedia per le strade si aggiungono quelli schiacciati dalla calca proprio fuori dai magazzini della Domus Magna di via Arena il giorno stabilito per la distribuzione della farina ai poveri. La MIA, quale ente nato con il proposito di aiutare i bisognosi, ebbe un ruolo fondamentale nella storia della carità di Bergamo. Il percorso/laboratorio è un’occasione per riflettere sulle società del passato nelle quali i poveri erano la maggior parte della popolazione, sui meccanismi complessi delle crisi economiche, sulle differenze sociali, sul ruolo della beneficenza pubblica e privata nel contribuire ad aiutare i bisognosi. Nel passato come nel presente. Ambito cronologico Dal XIII al XX secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Non facile discorso oggi quello sulla carità ma è certamente di grande attualità tra il senso di fastidio e le richieste pressanti di tante nuove povertà. Ambito cronologico XVIII e XIX secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimentoSin dalla sua fondazione nel 1265, una delle finalità principali della Misericordia Maggiore era la distribuzione ai poveri, infermi e carcerati di elemosine e generi alimentari (articolo 3 della Regola originaria). Specie nei periodi di gravi carestie quando il numero aumentava fino a diventare non solo straziante per lo spettacolo tristissimo di visi emaciati, corpi macilenti, ma anche pericoloso per le rivolte e gli assalti che mettevano a rischio la stabilità sociale, l'intervento della MIA diventava fondamentale.
In questo percorso si parla di generosità. Siamo nel cuore dell’attività della MIA, quella per cui era stata fondata nel 1265: aiutare gli altri. E di cuore doveva averne tanto Flaminia De Vecchi sia quando era in vita -caratterizzata da un’avveduta prodigalità verso i bisognosi- sia dopo la morte quando, in forma di legati, sostiene enti di beneficenza e privati cittadini. Flaminia De Vecchi era nata fortunata: apparteneva ad una ricchissima famiglia di antica nobiltà, aveva sposato l’uomo che amava, Guido Carrara Beroa, anche lui di una famiglia altrettanto ricca e nobile. Eppure la sua vita è stata un susseguirsi di vicende sfortunate: la prima ferita indelebile, la perdita della madre da piccola, e in seguito la perdita dell’unica figlia tanto attesa e quasi più sperata. L’albero di due famiglie secolari si era esaurito. Nondimeno, come trapela dal suo lucido testamento, il dolore non le impedisce di scorgere le necessità degli altri e per ognuno ha un pensiero: parenti, amici, domestici, dipendenti delle sue proprietà e poi diversi enti assistenziali di Bergamo. La città stessa le renderà omaggio alla sua morte con una cerimonia funebre molto partecipata.
- per raccogliere informazioni sulla figura di Flaminia
- per analizzare la volontà testamentaria di Flaminia
Storia della cultura e della società dall’età medievale ad oggi
L’interno, pur conservando l'impianto romanico di cui restano alcuni affreschi originari, presenta preziose decorazioni barocche e numerose opere d'arte. Intorno all'altare è collocato il coro ligneo impreziosito dalle tarsie di L. Lotto e G.F. Capoferri che ci raccontano alcune storie dell'Antico Testamento. Davanti ai nostri occhi sfila una folla di personaggi, che il Lotto sceglie di ambientare in una realtà a lui contemporanea consentendoci così di conoscere e ammirare abiti, case, città del Cinquecento. Lungo le pareti si possono ammirare dipinti, affreschi e arazzi. Gran parte del patrimonio artistico conservato all'interno della basilica è stato commissionato dalla Misericordia Maggiore di Bergamo che dal 1449 è incaricata dal Comune della sua cura e del suo abbellimento. Ambito cronologico XVI secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Il capitolo IV (Gli strumenti delle buone opere) della Regola di S. Benedetto, a cui quella Vallombrosana si rifaceva, stabiliva che i seguaci di Giovanni Gualberto dovessero: "soccorrere i poveri, vestire gli ignudi, visitare gli infermi, seppellire i morti, alleviare tutte le sofferenze e consolare quelli che sono nell'afflizione". Infatti già nella prima metà del XII secolo, accanto al monastero di Astino, per aiutare i più bisognosi sorse un ospedale, i cui beni nel 1305 confluirono in quelli della Misericordia Maggiore. Successivamente, dopo la morte del vescovo Guala de Roniis nel 1244, venne istituita una distribuzione annuale di pane per i poveri. A questa prima ‘elemosina grande’ ne seguì un’altra nel XVI secolo voluta dall’abate Silvestro de Benedictis da Ambivere che, con questo impegno da parte del monastero, condonò la restituzione del prestito concesso. Di tante altre persone e storie avvenute tra le mura del monastero qualche piccolo episodio è sfuggito all’oblio del tempo grazie alle annotazioni degli abati nei loro libri e ci permette di avvicinarci ad una immagine più quotidiana della vita all'interno del cenobio facendoci scoprire situazioni inaspettate e conoscere una varietà di personaggi che entrano, vivono e lavorano tra le alte mura del monastero. Scopriamo, ad esempio, che insieme ai monaci vivevano anche conversi e servitori e che le relazioni potevano essere molto "burrascose", che nella valle di Astino si aggiravano i lupi, mentre i topi rosicchiavano le canne dell’organo. Ambito cronologico XVI e XVII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Questo percorso propone materiali relativi ad una faida interna alla potente famiglia dei conti Calepio, feudatari dell'omonima valle e ferocemente divisi dalla controversia sulla concessione dei diritti feudali ai soli eredi del conte Trussardo. La battaglia ereditaria si trascinò per oltre un secolo, non solo nelle sedi legali della magistratura veneziana, ma anche attraverso il frequente ricorso alle armi e alle prepotenze dei bravi. Nell'archivio storico della MIA è presente un fascicolo che raccoglie le carte del processo seguito al delitto, che ci permettono di assistere: all'assassinio del conte Pietro, alle ribalderie e alle sfide che precedono e seguono la sparatoria, alla fuga del conte Antonio e dei suoi bravi dal carcere e alle intimidazioni subite dai testimoni del delitto. Il carteggio comprende anche vari bandi e lasciapassare per i membri della famiglia Calepio che documentano bene la frequenza del fenomeno della criminalità nobile in quel periodo e l'inutilità degli sforzi delle autorità di Venezia per limitarla. Ambito cronologico XVII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Tutto ha inizio alla vigilia di un Natale del primo Seicento, nella sala del Consiglio della MIA (oggi sede della Biblioteca musicale “Gaetano Donizetti”) nell’antica sede storica, la Domus Magna, in città alta. Un gruppo di studenti, dopo aver salito la stessa ampia ed imponente scala di accesso di oggi, viene interrogato in merito alla scoperta di una “congiura” con tanto di armi e via di fuga, che alcuni di loro stavano preparando. Lì, a dirigere l’inchiesta, c'è qualcuno più in alto e più potente dell’attuale dirigente scolastico, qualcuno che può decidere per sempre del destino di quei giovani. Ambito cronologico Inizio del XVII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze Suggerimenti per un successivo approfondimento La ricostruzione della vicenda attraverso l’interrogatorio degli studenti è di per sé intrigante perché, oltre alla necessaria indagine investigativa per far combaciare i pezzi, consente di entrare nelle dinamiche relazionali di un gruppo di ragazzi del passato e mettere così in gioco quelle dei ragazzi di oggi. La peste è una malattia infettiva causata da un batterio presente nelle pulci ospitate da animali come topi e conigli. La causa fu scoperta solo nel 1894, durante l'epidemia di Hong Kong, dal batteriologo franco-svizzero A. Yersin che riuscì ad isolare il batterio responsabile della malattia (Yersinia pestis). La peste non è scomparsa, ancora oggi costituisce un nemico temibile in buona parte dell'Africa e dell'Asia dove come sempre si lega alla povertà, all'assenza di condizioni igieniche adeguate, alle carestie e alla guerra. Le epidemie si sono ripetute per millenni in ogni parte del mondo, ma a volte la loro violenza e diffusione è stata tale da provocare un altissimo numero di vittime e sconvolgere la società e l'economia di intere regioni: l'epidemia descritta dal Boccaccio, che si abbatté sull'Europa tra il 1346 e il 1352, provocò la morte di 1/3 della popolazione europea. Il terribile spettacolo offerto dalle città appestate, la paura del contagio e di una fine imminente producevano reazioni differenti tra le persone. Molti fuggivano dalla città verso luoghi isolati e incontaminati, altri pensavano che il flagello fosse una punizione divina per i peccati degli uomini oppure fosse dovuta a miasmi, cioè vapori o esalazioni nocive, altri ancora credevano in una strana inclinazione dei pianeti con malefiche influenze sull'umanità. Di qui il diffondersi di pratiche mediche basate su credenze errate (erbe, pozioni curative e amuleti) o il ricorso a pratiche penitenziali, preghiere, processioni, nel tentativo di placare l'ira di Dio e ottenere la salvezza. Fino al secolo scorso le conoscenze mediche non erano in grado di individuare la causa del morbo né di mettere in atto terapie idonee, se non a curare la malattia, almeno a limitarne la contagiosità. Tuttavia per prevenire la diffusione del contagio si svilupparono anche pratiche più efficaci e razionali adottate anche di recente in occasione del Covid: la quarantena e i controlli di navi nei porti e dei carri alle gabelle delle città, la quarantena, l'isolamento di malati, moribondi, sospetti di contagio e familiari nei lazzaretti, le fosse comuni per i morti di peste. Come è noto la peste del '600 si propagò dopo un periodo di crisi economica, dovuta a vari fattori, che colpendo la produzione agricola, specie dei cereali, provocò un'ondata di carestie che indebolirono ulteriormente la popolazione già provata dalla povertà. Il contagio probabilmente entrò in Lombardia con i "lanzichenecchi", mercenari arruolati dall’Impero diretti all'assedio di Mantova, per la successione del ducato, oggetto di disputa tra varie nazioni. Il passaggio di soldatesche lungo il confine occidentale della Bergamasca favorì la diffusione del morbo che, come si legge in molte fonti, segue la scia del passaggio delle truppe. Attraverso le annotazioni degli abati del monastero di Astino nei libri delle Ricordanze, è possibile ricostruire come giunse la peste in questo luogo isolato e di clausura e le terribili conseguenze prodotte: la morte prematura di giovani novizi e monaci con un futuro promettente, la distruzione e perdita di beni, disordine morale e ladrocini, morte dei contadini che lavoravano i terreni. Per la parte relativa a Bergamo ci si avvale invece della descrizione del ‘fisico’ Paolo Benaglio riportata nel manoscritto del notaio della Misericordia Maggiore Marcantonio Benaglio Relazione della estrema carestia seguita in Bergamo l’anno 1629 e della peste patita l’anno 1630. Ambito cronologico XVII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze Suggerimenti per un successivo approfondimentoSecondo la tradizione popolare nel 1133, durante una grave carestia, di fronte alla minaccia di un’epidemia di peste i bergamaschi, per ottenere l'aiuto della Madonna, fecero voto di costruire in suo onore la chiesa di S. Maria Maggiore. Fin dalle origini la basilica ebbe un ruolo centrale nella vita religiosa e civile della città, al suo interno si svolgevano le più importanti cerimonie cittadine: lì il vescovo ogni sabato santo battezzava i catecumeni e lì in epoca comunale si tenevano le assemblee del popolo. Col tempo la situazione politica cambiò e la basilica gradualmente perse il suo ruolo civile conservando solo quello spirituale e identitario.
- analisi di alcune tarsie in base ad alcuni indicatori (le case, il lavoro, la guerra, le città, gli abiti)
- lettura di un breve testo manoscritto relativo alla costruzione del coro
Chi arriva ad Astino, guardando la facciata della chiesa del Santo Sepolcro, vede immediatamente la statua di San Benedetto, fondatore dell‘ordine benedettino, e quella di San Giovanni Gualberto, fondatore di quello vallombrosano, la loro presenza connota chiaramente l'appartenenza spirituale del monastero. Procedendo poi all'interno della chiesa dal soffitto, dalle pareti, dai quadri tutti i personaggi rappresentati e gli episodi raccontati parlano della spiritualità di Gualberto e dei suoi seguaci: una vita semplice, dedita alla preghiera ed all'aiuto ai poveri, forte della fede in Dio. Sfilano davanti agli occhi del visitatore: Pietro Igneo, che affronta la prova del fuoco, l’affresco della Grande elemosina istituita dall'abate Silvestro De Benedictis, Santa Scolastica, sorella di San Benedetto, che diede origine al ramo femminile dell'Ordine Benedettino, Santa Umiltà, anche lei monaca vallombrosana, che con i suoi Sermones è considerata la prima dottoressa cristiana in Italia.
“ …e noi siam galantuomini” dicono con faccia sorniona i bravi a don Abbondio. Una storia tutta inventata quella di Renzo e Lucia? Non completamente. Sembra infatti che Alessandro Manzoni si sia avvalso di una torbida vicenda avvenuta dalle parti di Vicenza, emersa da atti processuali d’archivio finiti ad un certo punto da Venezia a Milano, e, adattandola, ne abbia tratto la trama del suo capolavoro. Anche nella bergamasca, ai tempi del dominio della Serenissima, i nobili spadroneggiavano e infilzavano di spada personalmente, o facevano "archibugiare" dai loro bravi, non solo i rivali e i popolani, ma anche membri della propria famiglia. Un percorso dunque un po’ truculento tra omicidi privati, intimidazioni e violenze a delineare un periodo tra ‘500 e ‘600 quando in Italia i cavalieri in crisi di identità non se la prendevano con i mulini a vento ma con chiunque li ostacolasse.
Prima del fatidico ‘68, o meglio ai tempi dei nostri antenati, gli studenti erano davvero più disciplinati e studiosi? Siete curiosi di sapere e di far sapere ai vostri alunni di oggi come era la scuola nella ormai lontanissima età moderna, come vivevano gli studenti e, se si ribellavano, come e soprattutto perché lo facevano? I documenti di questo percorso offrono uno spaccato della vita scolastica del ‘600, in particolare della seconda Accademia (1616-1630) di Bergamo fondata e gestita dalla Misericordia Maggiore, e la possibilità di confrontarla con la vita scolastica odierna.
Bergamo fu la prima città del dominio di terraferma a ribellarsi a Venezia e ad erigere l’albero della libertà in Piazza Vecchia. La cronaca degli avvenimenti di quei giorni può essere ricostruita attraverso il diario di Michele Bigoni, la stampa satirica, ma anche attraverso le pagine impersonali dei verbali delle sedute del Consiglio della MIA che, insieme alle altre istituzioni benefiche cittadine, fu oggetto di un feroce attacco da parte degli esponenti delle forze rivoluzionarie. Attraverso le avventure e la testimonianza di alcuni protagonisti, anche minori, della storia locale è possibile ripercorrere le vicende di un periodo di rapida accelerazione della storia che travolse i destini, le paure e le speranze non soltanto dei singoli, ma di intere comunità. Basti pensare che nell’arco di circa sessanta anni dagli anacronistici stati regionali del ‘700 si giunse alla costituzione di quello stato unitario la cui idea prese corpo proprio nel disordine e nei contrasti del periodo napoleonico. Ambito cronologico Fine del XVIII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze Suggerimenti per un successivo approfondimentoNel 1797, ai tempi della Rivoluzione e dell’arrivo delle truppe napoleoniche a Bergamo, Michele Bigoni è il campanaro della città: uno spettatore privilegiato con un posto in prima fila sul Campanone, la torre civica della città. Dall’alto del suo punto di osservazione non solo suona le campane per annunciare gli avvenimenti straordinari, ma ce ne consegna una precisa cronaca. Attraverso il suo diario assistiamo ad un vero e proprio sconvolgimento: le feste in piazza, il rogo delle parrucche dei nobili, l'innalzamento dell’albero della libertà che, non solo cambiarono il volto della società e del potere, ma istituirono anche nuovi simboli e nuove immagini per rappresentarlo.
Memoria del paesaggio e trasformazioni del territorio
Sarebbe stato, se non inutile, certamente problematico per la MIA possedere un enorme patrimonio fondiario senza l’acqua. E’ per questo che sin dal XIV secolo acquistò dal Comune di Bergamo non solo i terreni ma anche la roggia Morla di Comun Nuovo. Una roggia che nasceva in città per poi scorrere verso sud e che veniva utilizzata soprattutto per l’irrigazione dei campi. Lungo il tragitto l’acqua veniva venduta per alimentare altri campi, non di proprietà della MIA, azionare mulini e turbine. La distribuzione, riportata in tabelle speciali, era regolata in base alla quantità, alle fasce orarie e alle stagioni. La storia della Misericordia Maggiore di Bergamo, come di altri enti elemosinieri, si intreccia alla storia delle sue proprietà ampliate, progressivamente nel corso del tempo, tramite continue acquisizioni e grazie alle donazioni di una folta schiera di benefattori comprendenti, oltre a palazzi signorili e case in città, numerosi poderi distribuiti nel territorio e costituiti da ampi appezzamenti di terreno, cascine, mulini, ville padronali, oratori e chiese di campagna. Tra i materiali d’archivio assumono, dunque, un particolare rilievo i documenti, specie cartografici, che presentano lo stato delle proprietà e che sono conservati nell’archivio della MIA. I documenti, relativi all’amministrazione e alla conduzione dei beni rurali e alla gestione delle acque per l’irrigazione, consentono di ripercorrere le vicende dei diversi poderi dell’Ente nella pianura bergamasca e in alcuni casi di interi paesi, mettendo in luce le strategie che ne ressero la gestione agricola ed economica e le trasformazioni subite dal paesaggio rurale nel corso del tempo, fino ai giorni nostri. Ambito cronologico Inizio del XX secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Il parco dei colli avvolge Bergamo alta come un manto alle cui estremità si collocano due monasteri benedettini: Astino, edificato a partire dal 1107 nella valle omonima, e Valmarina, monastero femminile all'imbocco della val Brembana, del quale si ha testimonianza attorno al 1150, attualmente sede proprio del Parco dei colli istituito nel 1977. Entrambi i monasteri sono inseriti ancora oggi in un contesto paesaggistico agricolo-forestale che, nonostante lo sviluppo urbanistico, conserva i segni della presenza delle monache benedettine e dei monaci vallombrosani. I caratteri della valle di Astino erano particolarmente adatti all'edificazione del monastero: una posizione appartata, ma non eccessivamente distante dalla città e lungo un'importante via di transito, la vicinanza di sorgenti d'acqua e di boschi, la presenza di dolci rilievi collinari che, senza ostacolare le coltivazioni, la proteggevano dalle correnti e creavano una suggestiva cornice ambientale. A distanza di quasi nove secoli dalla fondazione del monastero e nonostante il succedersi di vicende storiche e gli avvicendamenti colturali, la valletta conserva una bellezza quasi intatta nella quale è possibile riconoscere i segni dei lavori di dissodamento, bonifica, derivazione delle acque, costruzione di canali artificiali e di terrazzamenti voluti e diretti dai monaci vallombrosani che vi hanno vissuto per circa sette secoli. Il restauro del complesso monumentale, non del tutto completato, non si è limitato alle strutture architettoniche del monastero, ma ha investito anche i fondi agricoli e forestali per i quali si è avviato il reimpianto di alcune colture originarie, secondo i criteri dell'agricoltura policolturale e biologica. Ambito cronologico Dal XII al XXI secolo Documenti usati Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimento Nei primi anni di vita del Consorzio della Misericordia le risorse per il soccorso dei poveri provenivano dalle elargizioni dei soci e consistevano soprattutto in beni in natura e denaro. Ma ben presto deve esserci stato un cambiamento se, già nel 1326, il patrimonio immobiliare del Consorzio aveva raggiunto dimensioni tali da richiedere la stesura di un inventario. A partire, infatti, dal XIV secolo le donazioni e i lasciti ebbero un incremento, portando così l'estensione delle proprietà a tal punto che nell'estimo del 1555 risultava che la Misericordia possedesse ben 22.000 pertiche di terreno (corrispondenti a 1.450 ettari). Nella descrizione delle proprietà della Mia stesa dal notaio Marcantonio Benaglio l'80% dei possedimenti della MIA si concentrava in soli 3 comuni Comunuovo, Fara Olivana e Spirano: le grandi dimensioni dei complessi fondiari garantivano notevoli risparmi nella conduzione. Sia nell'archivio della Fondazione Mia che presso altre istituzioni cittadine o archivi privati si possono ammirare varie mappe del paesaggio agrario bergamasco riportate in bellissimi cabrei. I cabrei contengono mappe e descrizioni accurate dei beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o a famiglie nobili, come il cabreo della "fattoreria" di Fara Olivana dove, nel 1721, il notaio agrimensore Bernardino Sarcetti riporta accuratamente le pezze di terra, gli edifici, le coltivazioni, le opere idrauliche ed altri beni appartenenti alla MIA. è quasi una fotografia del paesaggio agrario (principali colture i toponimi degli appezzamenti di terreno, l’uso dell’acqua) e del centro abitato, ma ci aiuta anche a comprendere la condizione lavorativa dei contadini della bassa pianura bergamasca, i loro rapporti contrattuali con la proprietà, l'organizzazione del lavoro nelle campagne Ambito cronologico Inizio XVIII secolo Fonti usate Organizzazione del percorso Sono previste due mattinate così strutturate: Abilità e competenze acquisibili Suggerimenti per un successivo approfondimentoProviamo a tornare indietro nel tempo, almeno a prima dell’industrializzazione: campagna e cascine sparse, boschi e paesi di piccole dimensioni e ben distanziati tra loro, strade per lo più sterrate e una ben evidenziata fitta rete di rogge per distribuire l’acqua dai fiumi ai campi o al contrario per canalizzarne l’eccedenza. Un lavoro per il quale l’uomo si è adoperato anche nella bergamasca fin dall'antichità, ma di cui rimangono, soprattutto in città, solo alcuni brevissimi tratti per lo più inquinati e che compaiono e scompaiono nascosti da strade e costruzioni. Attraverso i documenti di questo percorso sarà possibile osservare la rete bergamasca di distribuzione delle acque nel passato e il suo utilizzo e confrontarlo con il presente.
Tanta ricchezza era anche il risultato di una gestione oculata e di una attenta strategia amministrativa improntate ad una politica di concentrazione della proprietà in vaste possessioni che consentivano una conduzione più economica e razionale.