L'Officina dello storico Bergamo

Percorsi per la scuola secondaria di 1° grado

Storia della carità e dell’assistenza

  • La Misericordia Maggiore e l’aiuto ai poveri e ai bisognosi nel corso dei secoli

    La Misericordia di Trento Longaretti Basilica di S. Maria MaggioreSin dalla sua fondazione nel 1265, una delle finalità principali della Misericordia Maggiore era la distribuzione ai poveri, infermi e carcerati di elemosine e generi alimentari (articolo 3 della Regola originaria). Specie nei periodi di gravi carestie quando il numero aumentava fino a diventare non solo straziante per lo spettacolo tristissimo di visi emaciati, corpi macilenti, ma anche pericoloso per le rivolte e gli assalti che mettevano a rischio la stabilità sociale, l'intervento della MIA diventava fondamentale.

    L’8 marzo 1629 i poveri, provenienti dai borghi della città e dai paesi vicini, premono alle porte della sede della MIA in Città Alta per la periodica distribuzione di pane e vino. C’è una crisi nella produzione e nell’approvvigionamento di cereali che, nonostante gli sforzi, il Comune non riesce ad affrontare. Tutte le istituzioni caritatevoli della città vengono allertate, prima tra tutte la MIA che nel Seicento è l’ente più facoltoso della città. Nonostante gli sforzi, la carestia procede inarrestabile e ai morti d’inedia per le strade si aggiungono quelli schiacciati dalla calca proprio fuori dai magazzini della Domus Magna di via Arena il giorno stabilito per la distribuzione della farina ai poveri.

    La MIA, quale ente nato con il proposito di aiutare i bisognosi, ebbe un ruolo fondamentale nella storia della carità di Bergamo. Il percorso/laboratorio è un’occasione per riflettere sulle società del passato nelle quali i poveri erano la maggior parte della popolazione, sui meccanismi complessi delle crisi economiche, sulle differenze sociali, sul ruolo della beneficenza pubblica e privata nel contribuire ad aiutare i bisognosi. Nel passato come nel presente.

    Ambito cronologico

    Dal XIII al XX secolo

    Fonti usate

    • Brani tratti dai registri delle Terminazioni (i verbali degli incontri settimanali del Consiglio della MIA), lettere, richieste di aiuto ricevute dai poveri, relazioni sugli interventi messi in atto
    • Affresco dei Canevari e T. Longaretti: Madonna della Misericordia

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, preceduta o seguita, se possibile, dalla presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai”
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina per la lettura e l'analisi di documenti provenienti dall'Archivio della MIA

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di comprendere il lessico in uso nei documenti proposti
    • Capacità di comprendere: l'autore, il destinatario e lo scopo della fonte
    • Capacità di comprendere le regole del testo del documento
    • Capacità di individuare le informazioni utili per ricostruire l’evento, comprenderne le cause e gli effetti
    • Capacità di comprendere il ruolo e l'importanza nel passato dell'attività della Misericordia per i bisognosi
    • Capacità di comprendere realtà diverse dalla propria e di riconoscerne il valore

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • Ricostruzione e rielaborazione degli avvenimenti proposti con linguaggi diversi (disegni, racconto, drammatizzazione)
    • Raccogliere informazioni su istituzioni, enti e associazioni di assistenza ai poveri esistenti nel territorio della scuola
  • Una generosa benefattrice: Flaminia De Vecchi Carrara Beroa (1792-1843)

    Flaminia De Vecchi nel ritratto di G. Rillosi - Casa di Riposo Maria Ausiliatrice BergamoIn questo percorso si parla di generosità. Siamo nel cuore dell’attività della MIA, quella per cui era stata fondata nel 1265: aiutare gli altri. E di cuore doveva averne tanto Flaminia De Vecchi sia quando era in vita -caratterizzata da un’avveduta prodigalità verso i bisognosi- sia dopo la morte quando, in forma di legati, sostiene enti di beneficenza e privati cittadini. Flaminia De Vecchi era nata fortunata: apparteneva ad una ricchissima famiglia di antica nobiltà, aveva sposato l’uomo che amava, Guido Carrara Beroa, anche lui di una famiglia altrettanto ricca e nobile. Eppure la sua vita è stata un susseguirsi di vicende sfortunate: la prima ferita indelebile, la perdita della madre da piccola, e in seguito la perdita dell’unica figlia tanto attesa e quasi più sperata. L’albero di due famiglie secolari si era esaurito. Nondimeno, come trapela dal suo lucido testamento, il dolore non le impedisce di scorgere le necessità degli altri e per ognuno ha un pensiero: parenti, amici, domestici, dipendenti delle sue proprietà e poi diversi enti assistenziali di Bergamo. La città stessa le renderà omaggio alla sua morte con una cerimonia funebre molto partecipata.

    Non facile discorso oggi quello sulla carità ma è certamente di grande attualità tra il senso di fastidio e le richieste pressanti di tante nuove povertà.

    Ambito cronologico

    XVIII e XIX secolo

    Fonti usate

    • Copia del testamento della contessa Flaminia, che lascia trapelare la generosità del suo animo
    • Il suo ritratto, opera del pittore bergamasco Giuseppe Rillosi
    • I necrologi pubblicati sui giornali dell’epoca e l’elogio funebre, pronunciato dal sacerdote Guglielmo Filippini e successivamente dato alle stampe, forniscono notizie sulla vita della contessa 
    • Gli stemmi, gli alberi genealogici, le residenze e la tomba raccontano la storia della famiglia 

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore
    • secondo incontro: laboratorio sulle fonti: il testamento e il ritratto di Flaminia

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di osservare in un ritratto: il periodo, l’autore, l’epoca, la tecnica, la collocazione dell'opera
    • Capacità di osservare in un ritratto: il soggetto, l’abbigliamento la posizione, l’espressione, l’ambiente
    • Capacità di osservare un ritratto, descriverlo, interpretarlo e fare delle ipotesi sulla vita e il carattere del soggetto
    • Lo scopo del ritratto: i lasciti testamentari
    • Capacità di lettura di testi manoscritti o a stampa
       - per raccogliere informazioni sulla figura di Flaminia
       - per analizzare la volontà testamentaria di Flaminia
    • Capacità di comprendere i bisogni degli altri e l'importanza di valori come l'empatia e la cooperazione

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • La biografia: la figura di una persona nota, di un benefattore del proprio paese o del personaggio al quale è dedicata la scuola
    • La storia personale degli alunni, le relazioni parentali, le foto, l'albero genealogico
    • Progetto di realizzazione di uno stemma familiare o di classe.

Storia della cultura e della società dall’età medievale ad oggi

  • Rappresentazione di vicende e della vita quotidiana nelle tarsie del coro di S. Maria Maggiore

    Tarsia "L'ebbrezza di Noè"Secondo la tradizione popolare nel 1133, durante una grave carestia, di fronte alla minaccia di un’epidemia di peste i bergamaschi, per ottenere l'aiuto della Madonna, fecero voto di costruire in suo onore la chiesa di S. Maria Maggiore. Fin dalle origini la basilica ebbe un ruolo centrale nella vita religiosa e civile della città, al suo interno si svolgevano le più importanti cerimonie cittadine: lì il vescovo ogni sabato santo battezzava i catecumeni e lì in epoca comunale si tenevano le assemblee del popolo. Col tempo la situazione politica cambiò e la basilica gradualmente perse il suo ruolo civile conservando solo quello spirituale e identitario.

    L’interno, pur conservando l'impianto romanico di cui restano alcuni affreschi originari, presenta preziose decorazioni barocche e numerose opere d'arte. Intorno all'altare è collocato il coro ligneo impreziosito dalle tarsie di L. Lotto e G.F. Capoferri che ci raccontano alcune storie dell'Antico Testamento. Davanti ai nostri occhi sfila una folla di personaggi, che il Lotto sceglie di ambientare in una realtà a lui contemporanea consentendoci così di conoscere e ammirare abiti, case, città del Cinquecento.

    Lungo le pareti si possono ammirare dipinti, affreschi e arazzi. Gran parte del patrimonio artistico conservato all'interno della basilica è stato commissionato dalla Misericordia Maggiore di Bergamo che dal 1449 è incaricata dal Comune della sua cura e del suo abbellimento.

    Ambito cronologico

    XVI secolo

    Fonti usate

    • Le tarsie e le altre opere d'arte della Basilica di S. Maria Maggiore
    • Documenti manoscritti tratti dall'Archivio della MIA

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di S. Maria Maggiore accompagnati da un operatore dell'Officina, per osservare le tarsie del coro e la particolarità della tecnica compositiva, e le altre opere d'arte presenti in basilica: affreschi, arazzi, sculture e dipinti.
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina:
      - analisi di alcune tarsie in base ad alcuni indicatori (le case, il lavoro, la guerra, le città, gli abiti)
      - lettura di un breve testo manoscritto relativo alla costruzione del coro

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di riconoscere in una tarsia la storia e i personaggi
    • Capacità di individuare le azioni, i movimenti, gli elementi compositivi
    • Capacità di osservare i dettagli di una scena: l'abbigliamento, gli arredi, gli edifici, l'ambiente naturale
    • Capacità di decifrare alcune parole in un breve testo manoscritto e riconoscere abbreviazioni
    • Riconoscere il valore culturale e comunicativo presente nelle opere d'arte
    • Sviluppo del senso di appartenenza alla propria comunità attraverso la conoscenza della storia e dell'arte del proprio territorio

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • Scegliere una tarsia, farne la descrizione (i personaggi, i loro gesti, i simboli, il contesto in cui sono inseriti) e rappresentare la storia
    • Somiglianze e le differenze nelle religioni che condividono la Bibbia come libro sacro
  • Momenti di vita quotidiana nel monastero di Astino tra fede e carità

    Il Compendio delle scritture del Monastero di Astino dell'abate Ignazio GuiducciChi arriva ad Astino, guardando la facciata della chiesa del Santo Sepolcro, vede immediatamente la statua di San Benedetto, fondatore dell‘ordine benedettino, e quella di San Giovanni Gualberto, fondatore di quello vallombrosano, la loro presenza connota chiaramente l'appartenenza spirituale del monastero. Procedendo poi all'interno della chiesa dal soffitto, dalle pareti, dai quadri tutti i personaggi rappresentati e gli episodi raccontati parlano della spiritualità di Gualberto e dei suoi seguaci: una vita semplice, dedita alla preghiera ed all'aiuto ai poveri, forte della fede in Dio. Sfilano davanti agli occhi del visitatore: Pietro Igneo, che affronta la prova del fuoco, l’affresco della Grande elemosina istituita dall'abate Silvestro De Benedictis, Santa Scolastica, sorella di San Benedetto, che diede origine al ramo femminile dell'Ordine Benedettino, Santa Umiltà, anche lei monaca vallombrosana, che con i suoi Sermones è considerata la prima dottoressa cristiana in Italia.

    Il capitolo IV (Gli strumenti delle buone opere) della Regola di S. Benedetto, a cui quella Vallombrosana si rifaceva, stabiliva che i seguaci di Giovanni Gualberto dovessero: "soccorrere i poveri, vestire gli ignudi, visitare gli infermi, seppellire i morti, alleviare tutte le sofferenze e consolare quelli che sono nell'afflizione".

    Infatti già nella prima metà del XII secolo, accanto al monastero di Astino, per aiutare i più bisognosi sorse un ospedale, i cui beni nel 1305 confluirono in quelli della Misericordia Maggiore. Successivamente, dopo la morte del vescovo Guala de Roniis nel 1244, venne istituita una distribuzione annuale di pane per i poveri. A questa prima ‘elemosina grande’ ne seguì un’altra nel XVI secolo voluta dall’abate Silvestro de Benedictis da Ambivere che, con questo impegno da parte del monastero, condonò la restituzione del prestito concesso.

    Di tante altre persone e storie avvenute tra le mura del monastero qualche piccolo episodio è sfuggito all’oblio del tempo grazie alle annotazioni degli abati nei loro libri e ci permette di avvicinarci ad una immagine più quotidiana della vita all'interno del cenobio facendoci scoprire situazioni inaspettate e conoscere una varietà di personaggi che entrano, vivono e lavorano tra le alte mura del monastero. Scopriamo, ad esempio, che insieme ai monaci vivevano anche conversi e servitori e che le relazioni potevano essere molto "burrascose", che nella valle di Astino si aggiravano i lupi, mentre i topi rosicchiavano le canne dell’organo.

    Ambito cronologico

    XVI e XVII secolo

    Fonti usate

    • Stralci dalle Ricordanze (annotazioni degli abati del monastero), il Compendio delle scritture del Monastero di Astino dell'abate Ignazio Guiducci, Istoria della badia di Astino di Pier Gerolamo Mazzoleni
    • Il ricco corredo di dipinti della chiesa del Santo Sepolcro

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Chiesa del Santo Sepolcro (osservazione degli affreschi e dei personaggi esemplari della spiritualità vallombrosana), e agli ambienti monastici
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina su documenti tratti dagli scritti degli abati

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di osservare dettagli architettonici e decorazioni
    • Capacità di identificare i diversi ambienti del monastero e comprenderne la funzione
    • Capacità di riconoscere nell'architettura del monastero la sua evoluzione
    • Capacità di riconoscere nel territorio circostante l'influenza della presenza dei monaci
    • Capacità di lettura e interrogazione delle fonti manoscritte
    • Capacità di raccogliere informazioni esplicite ed implicite
    • Capacità di riconoscere gli elementi principali del patrimonio culturale, artistico e ambientale del proprio territorio e l'importanza della sua tutela

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • La tradizione vallombrosana e l'attenzione e la cura dell'ambiente
    • Il ruolo dei monasteri benedettini per la trasmissione della cultura e lo sviluppo dell'agricoltura
  • Faide e criminalità nobile a Bergamo nel ’600: il caso della Val Calepio

    Stemma nobiliare della famiglia Calepio“ …e noi siam galantuomini” dicono con faccia sorniona i bravi a don Abbondio. Una storia tutta inventata quella di Renzo e Lucia? Non completamente. Sembra infatti che Alessandro Manzoni si sia avvalso di una torbida vicenda avvenuta dalle parti di Vicenza, emersa da atti processuali d’archivio finiti ad un certo punto da Venezia a Milano, e, adattandola, ne abbia tratto la trama del suo capolavoro. Anche nella bergamasca, ai tempi del dominio della Serenissima, i nobili spadroneggiavano e infilzavano di spada personalmente, o facevano "archibugiare" dai loro bravi, non solo i rivali e i popolani, ma anche membri della propria famiglia. Un percorso dunque un po’ truculento tra omicidi privati, intimidazioni e violenze a delineare un periodo tra ‘500 e ‘600 quando in Italia i cavalieri in crisi di identità non se la prendevano con i mulini a vento ma con chiunque li ostacolasse.

    Questo percorso propone materiali relativi ad una faida interna alla potente famiglia dei conti Calepio, feudatari dell'omonima valle e ferocemente divisi dalla controversia sulla concessione dei diritti feudali ai soli eredi del conte Trussardo. La battaglia ereditaria si trascinò per oltre un secolo, non solo nelle sedi legali della magistratura veneziana, ma anche attraverso il frequente ricorso alle armi e alle prepotenze dei bravi.

    Nell'archivio storico della MIA è presente un fascicolo che raccoglie le carte del processo seguito al delitto, che ci permettono di assistere: all'assassinio del conte Pietro, alle ribalderie e alle sfide che precedono e seguono la sparatoria, alla fuga del conte Antonio e dei suoi bravi dal carcere e alle intimidazioni subite dai testimoni del delitto. Il carteggio comprende anche vari bandi e lasciapassare per i membri della famiglia Calepio che documentano bene la frequenza del fenomeno della criminalità nobile in quel periodo e l'inutilità degli sforzi delle autorità di Venezia per limitarla.

    Ambito cronologico

    XVII secolo

    Fonti usate

    • Atti processuali: lettere, bandi, lasciapassare e permessi di soggiorno, ordinanze e disposizioni delle autorità veneziane

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, se possibile presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai”
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina su documenti provenienti dall'archivio della MIA relativi al processo per la faida Calepio

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di comprendere il lessico in uso nei documenti proposti e riconoscere le più frequenti abbreviazioni
    • Capacità di comprendere: l'autore, il destinatario e lo scopo della fonte
    • Capacità di comprendere le regole del testo del documento
    • Capacità di selezionare le informazioni utili per la ricostruzione dell’evento: i protagonisti, le loro azioni e le conseguenze
    • Capacità di prevedere e valutare gli esiti di un'azione sia per se stessi che per gli altri

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • Ricostruzione e rielaborazione della vicenda con linguaggi diversi (narrazione, drammatizzazione, fumetto)
    • Confronto tra la mentalità e le relazioni sociali del ‘600 e quelli odierni
    • Esperienze di ingiustizia vissute dai ragazzi in famiglia o a scuola

     

  • La “congiura” degli studenti nella scuola della MIA: confronto tra passato e presente

    Esercizi di calligrafia Archivio Mia Biblioteca "Angelo Mai"Prima del fatidico ‘68, o meglio ai tempi dei nostri antenati, gli studenti erano davvero più disciplinati e studiosi? Siete curiosi di sapere e di far sapere ai vostri alunni di oggi come era la scuola nella ormai lontanissima età moderna, come vivevano gli studenti e, se si ribellavano, come e soprattutto perché lo facevano? I documenti di questo percorso offrono uno spaccato della vita scolastica del ‘600, in particolare della seconda Accademia (1616-1630) di Bergamo fondata e gestita dalla Misericordia Maggiore, e la possibilità di confrontarla con la vita scolastica odierna.

    Tutto ha inizio alla vigilia di un Natale del primo Seicento, nella sala del Consiglio della MIA (oggi sede della Biblioteca musicale “Gaetano Donizetti”) nell’antica sede storica, la Domus Magna, in città alta. Un gruppo di studenti, dopo aver salito la stessa ampia ed imponente scala di accesso di oggi, viene interrogato in merito alla scoperta di una “congiura” con tanto di armi e via di fuga, che alcuni di loro stavano preparando. Lì, a dirigere l’inchiesta, c'è qualcuno più in alto e più potente dell’attuale dirigente scolastico, qualcuno che può decidere per sempre del destino di quei giovani.

    Ambito cronologico

    Inizio del XVII secolo

    Fonti usate

    • Verbale dell’interrogatorio degli studenti, fondamentale per ricostruire la vicenda
    • Verbali correlati alla vicenda e alla vita scolastica della Accademia tratti dalle Terminazioni, il registro delle riunioni settimanali del Consiglio della MIA
    • Regolamento dell'Accademia.

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore e alla Domus Magna, preceduta o seguita, se possibile, da una visita in Biblioteca civica A. Mai per la presentazione di documenti relativi al percorso e alla storia della Misericordia
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina su documenti provenienti dall'Archivio della MIA

    Abilità e competenze

    • Capacità di comprendere il lessico in uso nei documenti proposti e riconoscere le più frequenti abbreviazioni
    • Capacità di comprendere: l'autore, il destinatario e lo scopo della fonte
    • Capacità di comprendere le regole del testo del documento
    • Capacità di selezionare le informazioni utili per la ricostruzione dell’evento: i protagonisti, le loro azioni e le conseguenze
    • Capacità di prevedere e valutare gli esiti di un'azione sia per se stessi che per gli altri

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    La ricostruzione della vicenda attraverso l’interrogatorio degli studenti è di per sé intrigante perché, oltre alla necessaria indagine investigativa per far combaciare i pezzi, consente di entrare nelle dinamiche relazionali di un gruppo di ragazzi del passato e mettere così in gioco quelle dei ragazzi di oggi.

    • Come sarà finita? (il diario immaginario, un'intervista o il racconto di uno dei ragazzi o degli adulti coinvolti nella congiura)
    • “Tu cosa avresti fatto? Oggi come andrebbero le cose?” (Confronto tra l’organizzazione, le regole, le materie di studio dell’Accademia della MIA con quelle della propria scuola e/o della scuola in generale: differenze e aspetti comuni)
  • La peste manzoniana nel monastero di Astino e a Bergamo

    La peste è una malattia infettiva causata da un batterio presente nelle pulci ospitate da animali come topi e conigli. La causa fu scoperta solo nel 1894, durante l'epidemia di Hong Kong, dal batteriologo franco-svizzero A. Yersin che riuscì ad isolare il batterio responsabile della malattia (Yersinia pestis). La peste non è scomparsa, ancora oggi costituisce un nemico temibile in buona parte dell'Africa e dell'Asia dove come sempre si lega alla povertà, all'assenza di condizioni igieniche adeguate, alle carestie e alla guerra.

    Le epidemie si sono ripetute per millenni in ogni parte del mondo, ma a volte la loro violenza e diffusione è stata tale da provocare un altissimo numero di vittime e sconvolgere la società e l'economia di intere regioni: l'epidemia descritta dal Boccaccio, che si abbatté sull'Europa tra il 1346 e il 1352, provocò la morte di 1/3 della popolazione europea.

    Cabreo del lazzaretto di Bergamo di Bernardino Sarcetti sta in https://lazzarettiveneziani.it/it/il-lazzaretto-di-bergamo

    Il terribile spettacolo offerto dalle città appestate, la paura del contagio e di una fine imminente producevano reazioni differenti tra le persone. Molti fuggivano dalla città verso luoghi isolati e incontaminati, altri pensavano che il flagello fosse una punizione divina per i peccati degli uomini oppure fosse dovuta a miasmi, cioè vapori o esalazioni nocive, altri ancora credevano in una strana inclinazione dei pianeti con malefiche influenze sull'umanità. Di qui il diffondersi di pratiche mediche basate su credenze errate (erbe, pozioni curative e amuleti) o il ricorso a pratiche penitenziali, preghiere, processioni, nel tentativo di placare l'ira di Dio e ottenere la salvezza.

    Fino al secolo scorso le conoscenze mediche non erano in grado di individuare la causa del morbo né di mettere in atto terapie idonee, se non a curare la malattia, almeno a limitarne la contagiosità. Tuttavia per prevenire la diffusione del contagio si svilupparono anche pratiche più efficaci e razionali adottate anche di recente in occasione del Covid: la quarantena e i controlli di navi nei porti e dei carri alle gabelle delle città, la quarantena, l'isolamento di malati, moribondi, sospetti di contagio e familiari nei lazzaretti, le fosse comuni per i morti di peste.

    Come è noto la peste del '600 si propagò dopo un periodo di crisi economica, dovuta a vari fattori, che colpendo la produzione agricola, specie dei cereali, provocò un'ondata di carestie che indebolirono ulteriormente la popolazione già provata dalla povertà. Il contagio probabilmente entrò in Lombardia con i "lanzichenecchi", mercenari arruolati dall’Impero diretti all'assedio di Mantova, per la successione del ducato, oggetto di disputa tra varie nazioni.

    Il passaggio di soldatesche lungo il confine occidentale della Bergamasca favorì la diffusione del morbo che, come si legge in molte fonti, segue la scia del passaggio delle truppe.

    Attraverso le annotazioni degli abati del monastero di Astino nei libri delle Ricordanze, è possibile ricostruire come giunse la peste in questo luogo isolato e di clausura e le terribili conseguenze prodotte: la morte prematura di giovani novizi e monaci con un futuro promettente, la distruzione e perdita di beni, disordine morale e ladrocini, morte dei contadini che lavoravano i terreni.

    Per la parte relativa a Bergamo ci si avvale invece della descrizione del ‘fisico’ Paolo Benaglio riportata nel manoscritto del notaio della Misericordia Maggiore Marcantonio Benaglio Relazione della estrema carestia seguita in Bergamo l’anno 1629 e della peste patita l’anno 1630.

    Ambito cronologico

    XVII secolo

    Fonti usate

    • Le Terminazioni (i registri dei verbali degli incontri settimanali del Consiglio della MIA conservati nell'archivio della Fondazione) contengono alcune annotazioni sull'epidemia
    • Alcune lettere delle autorità cittadine riferiscono notizie interessanti sulle difficoltà del periodo e sul ruolo della MIA nell'organizzazione dei soccorsi
    • Le Ricordanze degli abati, che annotavano con regolarità i principali avvenimenti, il Compendio delle scritture del Monastero di Astino dell'abate Ignazio Guiducci e la Istoria della badia di Astino di Pier Gerolamo Mazzoleni del 1704 riportano dettagliatamente l'andamento dell'epidemia nel monastero di Astino
    • Dati sul numero di morti nei paesi della provincia sono riportati in: Lorenzo Ghirardelli: Il memorando contagio seguito in Bergamo l’anno 1630

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Chiesa del Santo Sepolcro e agli ambienti monastici 
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina per la lettura, l'analisi e la rielaborazione  del contenuto delle fonti proposte

    Abilità e competenze

    • Comprensione del lessico specifico dei documenti
    • Capacità di selezionare informazioni relative ai danni provocati dalla peste
    • Capacità di individuare il punto di vista dell'autore sulle cause della peste
    • Capacità di valutare l'attendibilità delle affermazioni dell'autore del documento
    • Capacità di sintesi delle informazioni
    • Comprendere l'importanza dell'adozione di comportamenti corretti per la salute propria e altrui 

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • I morti di peste nel territorio bergamasco: confronto tra le zone più e quelle meno colpite; il ricordo del “memorando contagio”
    • Confronto tra la peste del 1630 e l’epidemia di Covid 19
    • La persistenza della peste oggi: i principali focolai, cause e conseguenze
    • Il lazzaretto di Bergamo e la memoria della peste
    • Rielaborazione del contenuto delle fonti proposte in forma narrativa (lettere, diari, cronache) assumendo anche punti di vista diversi

  • Marzo 1797: la rivoluzione bergamasca

    Stampa satirica "Chi non risica non rosica"Nel 1797, ai tempi della Rivoluzione e dell’arrivo delle truppe napoleoniche a Bergamo, Michele Bigoni è il campanaro della città: uno spettatore privilegiato con un posto in prima fila sul Campanone, la torre civica della città. Dall’alto del suo punto di osservazione non solo suona le campane per annunciare gli avvenimenti straordinari, ma ce ne consegna una precisa cronaca. Attraverso il suo diario assistiamo ad un vero e proprio sconvolgimento: le feste in piazza, il rogo delle parrucche dei nobili, l'innalzamento dell’albero della libertà che, non solo cambiarono il volto della società e del potere, ma istituirono anche nuovi simboli e nuove immagini per rappresentarlo.

    Bergamo fu la prima città del dominio di terraferma a ribellarsi a Venezia e ad erigere l’albero della libertà in Piazza Vecchia. La cronaca degli avvenimenti di quei giorni può essere ricostruita attraverso il diario di Michele Bigoni, la stampa satirica, ma anche attraverso le pagine impersonali dei verbali delle sedute del Consiglio della MIA che, insieme alle altre istituzioni benefiche cittadine, fu oggetto di un feroce attacco da parte degli esponenti delle forze rivoluzionarie.

    Attraverso le avventure e la testimonianza di alcuni protagonisti, anche minori, della storia locale è possibile ripercorrere le vicende di un periodo di rapida accelerazione della storia che travolse i destini, le paure e le speranze non soltanto dei singoli, ma di intere comunità. Basti pensare che nell’arco di circa sessanta anni dagli anacronistici stati regionali del ‘700 si giunse alla costituzione di quello stato unitario la cui idea prese corpo proprio nel disordine e nei contrasti del periodo napoleonico.

    Ambito cronologico

    Fine del XVIII secolo

    Fonti usate

    • Registri delle Terminazioni della MIA: i verbali delle sedute del Consiglio della MIA in cui si registravano le delibere, corrispondenza dell’Ente con altre istituzioni
    • Materiale a stampa dell'epoca
    • Diario di Michele Bigoni, conservato presso la Civica Biblioteca “Angelo Mai”

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, preceduta o seguita, se possibile, da una visita in Biblioteca civica A. Mai per la presentazione di documenti relativi al percorso e alla storia della Misericordia
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina su documenti provenienti dall'Archivio della MIA

    Abilità e competenze

    • Capacità di riconoscere in una stampa satirica: i luoghi, i personaggi, le azioni
    • Capacità di interpretare il significato degli elementi simbolici caratterizzanti
    • Capacità di ricostruire una vicenda storica attraverso il racconto di un testimone
    • Capacità di valutare l'importanza storica degli avvenimenti narrati
    • Capacità dimettere in rapporto avvenimenti della storia locale con quella nazionale
    • Capacità di  comprendere le implicazioni delle differenze basate sulla nascita e sui privilegi ereditari e l'importanza del sentimento di comunità

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • La rivoluzione delle parrucche: rielaborazione creativa degli avvenimenti (drammatizzazione, disegni, racconti)

Memoria del paesaggio e trasformazioni del territorio

  • Le rogge: il ruolo dell’acqua nella costruzione del paesaggio delle campagne bergamasche

    Partitore della roggia Morla di Comunuovo nei pressi della cascina Ceresola a ZanicaProviamo a tornare indietro nel tempo, almeno a prima dell’industrializzazione: campagna e cascine sparse, boschi e paesi di piccole dimensioni e ben distanziati tra loro, strade per lo più sterrate e una ben evidenziata fitta rete di rogge per distribuire l’acqua dai fiumi ai campi o al contrario per canalizzarne l’eccedenza. Un lavoro per il quale l’uomo si è adoperato anche nella bergamasca fin dall'antichità, ma di cui rimangono, soprattutto in città, solo alcuni brevissimi tratti per lo più inquinati e che compaiono e scompaiono nascosti da strade e costruzioni. Attraverso i documenti di questo percorso sarà possibile osservare la rete bergamasca di distribuzione delle acque nel passato e il suo utilizzo e confrontarlo con il presente.

    Sarebbe stato, se non inutile, certamente problematico per la MIA possedere un enorme patrimonio fondiario senza l’acqua. E’ per questo che sin dal XIV secolo acquistò dal Comune di Bergamo non solo i terreni ma anche la roggia Morla di Comun Nuovo. Una roggia che nasceva in città per poi scorrere verso sud e che veniva utilizzata soprattutto per l’irrigazione dei campi. Lungo il tragitto l’acqua veniva venduta per alimentare altri campi, non di proprietà della MIA, azionare mulini e turbine. La distribuzione, riportata in tabelle speciali, era regolata in base alla quantità, alle fasce orarie e alle stagioni.

    La storia della Misericordia Maggiore di Bergamo, come di altri enti elemosinieri, si intreccia alla storia delle sue proprietà ampliate, progressivamente nel corso del tempo, tramite continue acquisizioni e grazie alle donazioni di una folta schiera di benefattori comprendenti, oltre a palazzi signorili e case in città, numerosi poderi distribuiti nel territorio e costituiti da ampi appezzamenti di terreno, cascine, mulini, ville padronali, oratori e chiese di campagna.

    Tra i materiali d’archivio assumono, dunque, un particolare rilievo i documenti, specie cartografici, che presentano lo stato delle proprietà e che sono conservati nell’archivio della MIA. I documenti, relativi all’amministrazione e alla conduzione dei beni rurali e alla gestione delle acque per l’irrigazione, consentono di ripercorrere le vicende dei diversi poderi dell’Ente nella pianura bergamasca e in alcuni casi di interi paesi, mettendo in luce le strategie che ne ressero la gestione agricola ed economica e le trasformazioni subite dal paesaggio rurale nel corso del tempo, fino ai giorni nostri.

    Ambito cronologico

    Inizio del XX secolo

    Fonti usate

    • Documenti cartacei di tipologia varia provenienti dai fondi archivistici prodotti dagli uffici della MIA, proprietaria della Roggia di Comun Nuovo: lettere relative a controversie, regolamenti d’uso delle acque, tabelle con le “ruote” (i turni di distribuzione dell’acqua), documenti contenenti descrizioni del percorso della roggia, richieste di utilizzo delle acque per scopi non agricoli, cartografia di supporto 

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore
    • secondo incontro: attività di laboratorio su alcuni documenti dell'archivio della MIA relativi ai sistemi di distribuzione ed uso dell'acqua nel passato e oggi

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di osservazione un contesto territoriale attraverso la lettura di documenti diversi:
    • Capacità di individuare le tracce storiche ancora riconoscibili nella configurazione del paesaggio odierno
    • Capacità di individuare i fattori di trasformazione che hanno contribuito alla formazione dell’attuale paesaggio antropico
    • Capacità di comprendere l'importanza di uno sviluppo sostenibile, della tutela del territorio, e dell'uso consapevole delle risorse.

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • Il consumo dell’acqua oggi: l’importanza dell’acqua sia per uso civile (potabile e non) che per usi agricoli ed industriali nonché per la produzione di energia
    • La crescente privatizzazione del patrimonio mondiale d’acqua dolce
  • Le trasformazioni del paesaggio della valle di Astino nel corso del tempo

    La valle di Astino e il monastero iconema tratto da: G. Mazzoleni "Istoria della badia di Astino"

    Il parco dei colli avvolge Bergamo alta come un manto alle cui estremità si collocano due monasteri benedettini: Astino, edificato a partire dal 1107 nella valle omonima, e Valmarina, monastero femminile all'imbocco della val Brembana, del quale si ha testimonianza attorno al 1150, attualmente sede proprio del Parco dei colli istituito nel 1977. Entrambi i monasteri sono inseriti ancora oggi in un contesto paesaggistico agricolo-forestale che, nonostante lo sviluppo urbanistico, conserva i segni della presenza delle monache benedettine e dei monaci vallombrosani.

    I caratteri della valle di Astino erano particolarmente adatti all'edificazione del monastero: una posizione appartata, ma non eccessivamente distante dalla città e lungo un'importante via di transito, la vicinanza di sorgenti d'acqua e di boschi, la presenza di dolci rilievi collinari che, senza ostacolare le coltivazioni, la proteggevano dalle correnti e creavano una suggestiva cornice ambientale.

    A distanza di quasi nove secoli dalla fondazione del monastero e nonostante il succedersi di vicende storiche e gli avvicendamenti colturali, la valletta conserva una bellezza quasi intatta nella quale è possibile riconoscere i segni dei lavori di dissodamento, bonifica, derivazione delle acque, costruzione di canali artificiali e di terrazzamenti voluti e diretti dai monaci vallombrosani che vi hanno vissuto per circa sette secoli.

    Il restauro del complesso monumentale, non del tutto completato, non si è limitato alle strutture architettoniche del monastero, ma ha investito anche i fondi agricoli e forestali per i quali si è avviato il reimpianto di alcune colture originarie, secondo i criteri dell'agricoltura policolturale e biologica.

    Ambito cronologico

    Dal XII al XXI secolo

    Documenti usati

    • Osservazione diretta del paesaggio
    • Fonti manoscritte, fotografiche e pittoriche

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita guidata al complesso monastico e osservazione del territorio della Valle di Astino
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina per rielaborare gli elementi osservati durante la visita e con la lettura delle fonti

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di leggere e interrogare le fonti
    • Capacità di confrontare le fonti utilizzate
    • Capacità di ordinare i principali cambiamenti del paesaggio della Valle di Astino sulla linea del tempo
    • Capacità di riconoscere il valore del paesaggio come elemento importante del patrimonio culturale

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • La valle di Astino oggi: il progetto di ripristino delle colture originarie e il Premio Europeo del Paesaggio 2020
  • La rappresentazione del territorio nei cabrei della MIA

    Nei primi anni di vita del Consorzio della Misericordia le risorse per il soccorso dei poveri provenivano dalle elargizioni dei soci e consistevano soprattutto in beni in natura e denaro. Ma ben presto deve esserci stato un cambiamento se, già nel 1326, il patrimonio immobiliare del Consorzio aveva raggiunto dimensioni tali da richiedere la stesura di un inventario.

    A partire, infatti, dal XIV secolo le donazioni e i lasciti ebbero un incremento, portando così l'estensione delle proprietà a tal punto che nell'estimo del 1555 risultava che la Misericordia possedesse ben 22.000 pertiche di terreno (corrispondenti a 1.450 ettari). Nella descrizione delle proprietà della Mia stesa dal notaio Marcantonio Benaglio l'80% dei possedimenti della MIA si concentrava in soli 3 comuni Comunuovo, Fara Olivana e Spirano: le grandi dimensioni dei complessi fondiari garantivano notevoli risparmi nella conduzione.

    Bernardino Sarcetti: Cabreo di Fara Olivana, 1721, Fondazione MIATanta ricchezza era anche il risultato di una gestione oculata e di una attenta strategia amministrativa improntate ad una politica di concentrazione della proprietà in vaste possessioni che consentivano una conduzione più economica e razionale.

    Sia nell'archivio della Fondazione Mia che presso altre istituzioni cittadine o archivi privati si possono ammirare varie mappe del paesaggio agrario bergamasco riportate in bellissimi cabrei. I cabrei contengono mappe e descrizioni accurate dei beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o a famiglie nobili, come il cabreo della "fattoreria" di Fara Olivana dove, nel 1721, il notaio agrimensore Bernardino Sarcetti riporta accuratamente le pezze di terra, gli edifici, le coltivazioni, le opere idrauliche ed altri beni appartenenti alla MIA. è quasi una fotografia del paesaggio agrario (principali colture i toponimi degli appezzamenti di terreno, l’uso dell’acqua) e del centro abitato, ma ci aiuta anche a comprendere la condizione lavorativa dei contadini della bassa pianura bergamasca, i loro rapporti contrattuali con la proprietà, l'organizzazione del lavoro nelle campagne

    Ambito cronologico

    Inizio XVIII secolo

    Fonti usate

    • Il cabreo di Fara  

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    • primo incontro: visita alla Basilica di S. Maria Maggiore 
    • secondo incontro: attività di laboratorio con gli operatori de L'Officina per la lettura e l'analisi delle informazioni contenute nelle mappe del cabreo di Fara Olivana.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di comprendere lo scopo e l'uso dei cabrei
    • Capacità di comprendere il lessico specifico usato nel cabreo
    • Capacità di leggere una mappa e di individuare i principali elementi in essa rappresentati
    • Capacità comprendere la destinazione d'uso degli spazi e degli edifici
    • Capacità di ricavare informazioni storiche dall'osservazione della mappa
    • Capacità di verbalizzare le osservazioni
    • Capacità di riconoscere gli elementi principali del patrimonio culturale, artistico e ambientale del proprio territorio e l'importanza della sua tutela

    Suggerimenti per un successivo approfondimento

    • Storia del proprio territorio e individuazione delle trasformazioni del paesaggio
    • Le condizioni di vita dei contadini nel passato